Di recente ho ascoltato l’intervista dell’unico superstite di una cordata sulle Alpi svizzere, erano in otto. E’ stato molto interessante ascoltare questo architetto alpinista. Ha spiegato che è riuscito a muoversi per tutta la notte, portando in circolo sangue caldo per evitare il congelamento. Ad un certo punto ha fatto questa dichiarazione. “Se fosse stato per me ad un certo punto avrei fatto come gli altri, mi sarei lasciato andare, era più facile addormentarsi che muoversi. Ma una cosa ha impedito che ciò mi accadesse. Ho pensato agli affetti che avrei lasciato e il grande dolore che gli avrei procurato. Questo mi ha dato la tanta forza necessaria di sopravvivere all’addiaccio in una bufera ad oltre 3.000 metri.” Questa è una testimonianza basata su una esperienza reale ed estrema. Quindi la forza necessaria per salvarsi è stata di particolare intensità. Da dove è partita così tanta forza? Dal cuore di questo determinato architetto, che grazie all’amore sentito per i suoi cari, ha deciso di non morire. Ha focalizzato la sua intenzione e il suo corpo si è sintonizzato con la sua decisione, e ha inseguito la sua forte scelta di sopravvivere per riabbracciare le persone care. In questa situazione estrema si è manifestata la vera natura umana: l’amorevolezza. Questa è la materia di cui siamo fatti tutti. Le sue cellule, uguali a quelle di tutti noi, si sono rivitalizzate con l’amore, diventano più forti ed efficienti, dando una carica rigenerante a tutto il sistema. A tal punto da resistere, per una lunghissima intera notte, in una bufera a oltre 3.000 metri. La domanda che sorge spontanea è: perché non usare questa incredibile forza che ci appartiene nella nostra quotidianità? Io credo che sia una questione determinata principalmente da due fattori: uno è il crederci e l’altro è la pigrizia. Il credere a ciò significa essere molto più responsabili e presenti, significa essere molto più protagonisti della propria
esistenza, significa rivedere abitudini e modalità obsolete. Quindi essere impegnati a non perdersi in azioni vuote e ripetitive e stra-conosciute. L’altra variabile è la pigrizia, cioè attivare la forza e usarla, significa non perdersi con la mente nel rimuginare, attività priva di spinta entusiastica, vitale e di reale valore arricchente per la nostra esistenza. Il pensare e fare tesoro dell’esperienza è una attività positiva, ma il rimestare situazioni per nutrire risentimento e rabbia impoverisce la nostra vita. Quindi quando, nella nostra quotidianità, ci troviamo a creare alibi per non attivare la nostra forza più potente e più utile alla nostra vita, ripetendoci la famosa frase “Ma chi me lo fa fare!”, rivolgiamo un pensiero all’architetto milanese, quindi non un alpino, che si è salvato nella bufera notturna ad oltre 3.000 metri pensando all’amore che lo lega ai suoi cari!
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