Non manca la libertà, mancano gli uomini liberi”: questa frase l’ho trovata appesa all’interno di un bar. Ho cominciato così a fare qualche considerazione. La prima è stata: “E’ vero”.

E’ sempre più marcata l’esigenza di omologazione, di allineamento o conformismo che si respira nelle realtà più allargate, come se la capacità critica delle persone si fosse indebolita o impigrita, depotenziata. Come se ci si tarpasse la creazione di più e diverse direzioni su cui muoversi o lo spaziare intellettualmente. L’appartenenza in qualche modo “al gruppo” si fa sentire in modo più marcato.

Parallelamente si sta sviluppando una crescente inquietudine che sconfina nell’ansia, nella mancanza di un proprio centro personale e in una istintuale, quanto non elaborata, sensazione di mancanza di senso o di vuoto esistenziale di questa “folle corsa” che si è innescata, che si chiama vita. Guardando quel cartello ho pensato che spesso si preferisce stare nella ristrettezza intellettuale, piuttosto che prendersi la responsabilità di allargarla, pur di non prendersi la responsabilità del dubbio, della messa in discussione, anche se il piano di realtà ci dice che non vi è mai una garanzia certa nel percorso di vita.

Culturalmente il cambiamento e la trasformazione, in età adulta, vengono considerati in modo negativo e/o depauperati e/o troppo rischiosi invece di essere considerati come un momento di arricchimento nel percorrere la propria vita.

Questo pensiero permea in modo traversale la cultura , in modo marcato, nei paesi cosiddetti civili.

Così succede che, davanti al passare del tempo e degli avvenimenti e quindi anche di opportunità, si rimanga ingessati a comportamenti ripetitivi, a fronte di percezioni distorte ma rassicuranti perché conosciute.

L’emozione è il motore, l’emozione crea la percezione a fronte della quale creiamo un pensiero, dal quale prendono forma azioni che si trasformano in comportamenti.

Ma perché non cominciare a praticare realmente questa formazione anche in azienda? Specifico in modo autentico, perché per esperienza si creano anche percorsi apparentemente finalizzati a questo, ma poi il tutto viene deviato al fin del business , e in questo modo non si crea un nuovo percorso aziendale per focalizzare i percorsi di carriera in un modo completamente innovativo.

Anche se ci si comincia ad accorgere che l’elastico dell’efficienza e del budget sta arrivando all’estensione massima, non ci si vuole focalizzare profondamente sulla persona, che è il vero motore di ogni azienda, si preferisce stringerla nella logica dell’efficienza e del farne il piccolo tassello all’interno di un’organizzazione senza prima conoscerla nelle sue potenzialità, arricchenti per l’azienda e per la comunità.

Le persone rappresentano il vero valore aggiunto del futuro delle aziende. E le alte dirigenze dovrebbero, a mio avviso , aprire gli occhi e osservare e praticare un nuovo modo, se tutti vogliamo mantenere vivo il mercato del lavoro per i giovani. Attivare una vera condivisione, rinunciando a compensi astronomici, reinvestendo nell’azienda e non sul proprio conto corrente. E’ necessario rinunciare all’ingordigia, perché questo fenomeno può portare alla rovina l’intero sistema.

In America aumentano sempre di più le aziende che offrono corsi di meditazione e relax ai propri dipendenti, anche durante l’orario di lavoro. Si è potuto osservare che il dipendente stressato che dedica 60 minuti al silenzio, alla calma, alla meditazione supera i problemi di lavoro meglio che affrontarli di petto, e facendo meno sbagli come quando si è di fretta, perché, si dice, non c’è tempo. Lo stato di calma non è solo “contagioso”, ma favorisce le idee e la concentrazione, e soprattutto allevia paure e dolori che si abbattono sugli executive stressati e allertati.

Perché allora non praticare una formazione di qualità innovativa , che porti contatto interiore per la persona, creando nuovi modi aziendali e relazionali al suo interno? Poi di conseguenza un nuovo tipo di business e budget. Dove nessuno è finalizzato ad essere malamente spremuto.

Credo che questa scelta, un po’ coraggiosa, possa aprire importanti avanzamenti evolutivi personal/professionali a favore dell’azienda e di una società che è spinta a cambiare i canoni fondamentali della nostro vivere sociale.

In questo modo scardinando i due ostacoli che considero più alti:

  • Le persone non credono di avere questo tipo di potere finalizzato ad agire un cambiamento positivo

  • Quando in azienda si parla di libero arbitrio lo si associa al caos, invece di collegarlo ad agire adultità e rispettandola. L’adultità prevede il riconoscimento delle regole, ma conosce anche la possibilità di agire capacità, talenti, trasformazioni senza farli implodere internamente all’individuo, facendo perdere spirito di iniziativa e motivazione, così preziosi all’interno dell’azienda, e non solo.

Perché non impegnarsi a vivere gioia autentica e di senso in azienda?