“Non manca la  libertà mancano gli uomini liberi”

Questa frase, anonima,  l’ho trovata appesa all’interno di un bar. Ho cominciato così a fare qualche considerazione. La prima è questa: “E’ vero” E’ sempre più marcata l’esigenza di omologazione, di allineamento o conformismo che si respira nelle dinamiche allargate, è come se la capacità critica delle persone si fosse indebolita. Come se ci si tarpasse la creazione di più o diverse direzioni su cui muoversi o lo spaziare intellettualmente. L’appartenenza “al gruppo” si fa sentire in modo marcato. Parallelamente si sta sviluppando una crescente inquietudine che sconfina nell’ansia per la mancanza di un proprio centro personale o in un istintuale, quanto non elaborata, sensazione di mancanza di senso, o vuoto esistenziale di questa “folle corsa” chiamata vita, di cui il lavoro è una sfera importante.  Leggendo quel cartello ho pensato che spesso si preferisce stare nella ristrettezza intellettuale, piuttosto che prendersi la responsabilità di allargarla, pur di non accollarsi dei rischi,  anche se nel percorso di vita non c’è mai una reale garanzia. Culturalmente il cambiamento e la trasformazione vengono considerati in  modo negativo e/o depauperante e/o troppo rischiosi, invece di essere considerati come un momento di arricchimento nel percorso della propria vita. Al passare del tempo e degli avvenimenti, e quindi anche di opportunità si rimane ingessati a comportamenti ripetitivi, a fronte di percezioni distorte ma rassicuranti, perché conosciute. Io credo che l’emozione sia il motore, l’emozione crea la percezione  a fronte della quale creiamo un pensiero, dal quale prendono forma azioni che si trasformano in comportamenti. Perché non cominciare a praticare una formazione che sviluppi consapevolezza anche in azienda?    Le persone rappresentano il vero valore aggiunto del futuro delle aziende. Perché non praticare una formazione di qualità realmente innovativa, che porti la persona ad un intimo contatto interiore, creando nuovi modi aziendali e relazionali. Credo che questa scelta, un po’ coraggiosa, possa aprire nuovi spazi per importanti avanzamenti evolutivi personali/professionali/aziendali, scardinando quelli che considero i due ostacoli  più importanti: 1)  Le persone non credono di avere questo tipo di potenziale e potere finalizzato ad  agire un cambiamento positivo;  2) in azienda il libero arbitrio lo si associa al caos organizzativo, invece di collegarlo ad agire adultità e rispettandola.   L’adultità prevede il riconoscimento delle regole e la possibilità di agire capacità, talenti, trasformazioni, senza farli implodere internamente all’individuo; così non si spegne lo spirito di iniziativa e motivazione, così importanti all’interno di un’azienda. Perché non impegnarsi a vivere gioia autentica e di senso in azienda?