Il traslocare è stata un’esperienza vissuta da una prospettiva nuova. Non è stato semplice, ma fonte di considerazioni non colte nei passaggi precedenti.

Visto il blocco iniziale mi sono detta  ”sto spostando oggetti”, sebbene la percezione interiore fosse di smontare la mia vita. Osservando da fuori, per quanto possibile, ho visto la forza di abitudini quotidiane radicate. Ricentrandomi, posizione da non perdere, si è ammorbidita la connessione fra il sé e gli oggetti. Spostando oggetti si perdono illusori punti di riferimento, ovvero ubicazione di cose. Il solo cambiare il loro ordine, ponendo attenzione sul tipo di rapporto instaurato con esse, si puliscono dinamiche mentali ripetitive.

Ci si circonda di troppi oggetti che non servono, anche in senso energetico; si è ben altro, eppure c’è difficoltà a lasciare andare oggetti (ma si fa), sebbene siano zavorra. In questo cambiamento anche il corpo è coinvolto, dopo la fatica dell’iniziare, manda segnali di alleggerimento, grazie alla maggiore consapevolezza liberatoria, gli si dona maggiore spazio.

L’umano è energia pura, contenuta in un corpo, meno lo si carica, più si riesce a esprimerla, portando anche maggiore salute fisica.

Penso che in ultima analisi sia questo il nocciolo della questione: attaccamento al troppo che ci circonda, dimenticando chi si è in realtà. Un buon viatico potrebbe essere liberarsi di tutto ciò che si accumula, senza un vero senso, e di cambiare l‘ordine delle cose, con l’intenzione, ben chiara, di evitare un erroneo attaccamento fra il proprio sé e gli oggetti, che spesso accade senza averne piena consapevolezza.