L’ascolto a sé stessi, all’altro o anche alla natura, prevede uno stato interiore di apertura. Per realizzare questa accoglienza il primo passo è il silenzio interiore. In caso contrario quello che accade è che ci si approccia con un ambito mentale, che vuole mostrarsi o esserci, che vuole dimostrare di avere ragione o che ne sa di più o quant’altro.
Non sempre si ha la pazienza nel dare tempo all’ascolto, per sentire la vita che parla sottovoce, che nella natura ha un suo suono, un suo ritmo, un suo movimento.
Placare il lavorio interiore, rallenta il corpo, fa spazio interiore. Per questa trasformazione, per lo più invisibile, ci vuole un fermo da reggere, l’avere forza sufficiente nel trovarsi in un vuoto per fare entrare ciò che si vuole ascoltare.
Nel quotidiano l’ascolto è difficoltoso, si è avvolti dal rumore, si fa rumore. Ci si può impegnare a fare silenzio anche in mezzo a vari rumori, al contrario si può essere nel rumore anche se avvolti dal silenzio. Dalla nascita ci appartengono strumenti alquanto raffinati, che ci danno numerose possibilità di scelta. Si usano? O si resta in un ritmo abitudinario nella propria zona di confort? Si è in grado di restare al proprio cospetto osservando personali paure, parti forti, parti deboli, i propri successi, le proprie sconfitte e i propri errori? Ci possono scoprire fantastiche opportunità di miglioramento, di accesso a consapevolezze più elevate.
Sperimentando un reale ascolto si potrà scegliere, se continuare a fare rumore o imparare a stare più in apertura, accompagnati da una maggiore attenzione verso sé stessi, agli altri e la natura.
L’ascolto trasforma, evolve, fa crescere. Il continuare a fare rumore è come girarsi da un’altra parte, coprendo il varco verso la personale verità ed essenza; evitando di guardare altrove, di riflesso, permette di essere in reale contatto con sé stessi con chi e ciò che ci circonda, essere nella vita.
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