Agire la compassione implica una trasformazione mentale, in particolare per quanto riguarda noi occidentali, abituati ad una cultura reattiva. Dove nasce questa reattività? Dalla paura e dalla superficialità per mancanza di attenzione e stabilità.

La paura prende forma dall’attaccamento all’ego, dall’essere danneggiati da altri, separa, io e gli altri. Si innesca lotta per essere riconosciuti. Provate a cercare l’ego. Può essere, con un certo stupore, che non lo troviate. Non nelle mani, nel fegato, nella schiena nei muscoli, nel cuore ecc. ecc. Perché tanta paura e tanta mancanza di attenzione nel prendere un reale contatto con sé stessi? La reattività è un’idea, uno stato mentale, continua fabbricazione di sofferenza, senza senso. Familiarizzazione. Siamo cresciuti in questa “piscina”. Modello culturale che crea sofferenza perché viola la nostra vera natura. Chiamandola in modo diverso, realtà convenzionale. Tant’è che quando osserviamo qualcuno che si comporta in modo furbo, a favore personale, capita si provi una certa ammirazione. Nella ricchezza non c’è nulla di inconveniente, a patto che non si crei a spese di altri, ma al contrario crei miglioramenti nella vita altrui.

Adriano Olivetti, industriale fondatore dell’omonima società, illuminato realizzatore di sogni positivi, ha sempre dichiarato e realizzato questa regola: un capo non può guadagnare più di dieci volte del dipendente con lo stipendio più basso. Volano che elimina disparità sociali. Intorno alla fabbrica ha costruito case, scuole, centri di socializzazione per i suoi dipendenti. La realtà in cui viviamo è una, siamo in affitto, il senso ultimo è che nasciamo e moriamo nudi e soli. Smodatamente ricchi o che si possegga un solo bastone per camminare, partiremo nudi. Ritorniamo alla paura, tale da rimuovere questo passaggio, unica certezza della vita. Compresa può riempire di prezioso senso la nostra esistenza. Vi chiederete cosa c’entra la morte con la compassione. Siamo tutti appartenenti a una stessa famiglia, la cui natura violata è l’amorevolezza verso i nostri simili. Il furbo, che pratica l’arroganza a spese di altri, non considera che la ricchezza sarà lasciata qui. Si potrà ribattere “Se la spassa bene”. Siamo certi? Proviamo a pensare alla paura di essere derubato o assalito, alla lotta per avere sempre di più, al perdere il potere sugli altri, l’essere ingannato, chiuso in uno dei tanti castelli dorati, lontano dai propri simili. Queste ricchezze potrebbero essere usate in modo molto più appagante. Forse nasce un sentimento di onnipotenza, in realtà è paura per la situazione umana, su cui rimbalza, facendo di tutto per evitare qualcosa di inevitabile, il dovere andarsene tuffandosi verso qualcosa che non può essere controllato o comprato. Quando si realizza dove realmente siamo, chi realmente siamo, nasce attenzione al proprio cammino, unico, mai uguale a un altro, privi di arroganza e con gentilezza verso gli altri. Quanto potrebbe essere diversa la coesistenza umana. Dare forza a un’intenzione di questo tipo, con il pensiero, è come piantare un seme che sboccerà, significa cominciare a cambiare la mente e l’esistenza, a favore di sé e degli altri umani, liberi dalla paura, rabbia, superficialità ignoranza e mancanza di stabilità. Modello culturale anche a favore di chi verrà dopo di noi.